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I 5 falsi miti (smentiti) sulle staminali

Per quanto le staminali stiano completamente rivoluzionando la medicina, il tema rimane comunque molto sensibile.

I sostenitori sono molti, e i casi di successo di trapianto di staminali dal cordone ombelicale per contrastare delle patologie, come l’autismo infantile, ad esempio, non mancano.

Dall’altra parte, come per ogni “novità” anche gli scettici non temono di dire la loro. Vediamo quindi, quali sono i cinque falsi miti sulle cellule staminali, e perché sono appunto “falsi”.

Smentiamo queste false credenze sulle cellule staminali.

OPPORTUNITÀ E PROBLEMATICHE RELATIVE AL CLAMPAGGIO PRECOCE E TARDIVO

Negli ultimi anni ha preso piede “la moda” di clampare, ossia di tagliare, tardivamente il cordone ombelicale. Precedentemente, il cordone è sempre stato tagliato subito dopo la nascita, senza nessuna conseguenza negativa.

Uno degli innumerevoli studi che sono stati svolti per valutare gli esiti del clampaggio tardivo o precoce è quello eseguito dai dottori: Dott. Mc Donald SJ.,  Middleton P., Dowswell T., Morris PS. che hanno analizzato i risultati di 15 diversi studi sul clampaggio tardivo e precoce.

I dottori hanno esaminato 3911 parti. Nello studio, le gravidanze prese in esame sono state divise in 2 gruppi: 

  • Clampaggio precoce, eseguito entro il primo minuto dalla nascita (ideale per prelevare il sangue cordonale);
  • Clampaggio tardivo, eseguito dopo il primo minuto o quando la placenta smette di pulsare.

È stata valutata la salute dei bambini a breve e lungo termine per capire se uno dei due gruppi presentasse una maggiore percentuale di decessi o patologie eventualmente collegabili al clampaggio precoce o tardivo. I risultati evidenziano chiaramente che in nessuno dei due gruppi si è riscontrata una maggiore mortalità o morbosità (malattia). 

Nel gruppo di neonati a cui era stato praticato clampaggio precoce sono stati riscontrati dei livelli di ferro lievemente inferiori, che non hanno in nessun caso comportato l’utilizzo di farmaci, con una soluzione spontanea nel giro di 6 mesi con l’allattamento al seno.

Per quanto riguarda invece il gruppo di neonati a cui era stato praticato il clampaggio ritardato:

  • sono stati riscontrati livelli di Bilirubina elevati (che potrebbero causare ittero neonatale); 
  • distress respiratorio causato da un aumentato apporto di ossigeno nel sangue e insufficienza respiratoria (per ovviare al problema i neonati devono essere tenuti in incubatrice per un periodo variabile da caso a caso);
  • accumulo di ferro (che può causare possibili conseguenze negative sui vari organi vitali).

Optare per il clampaggio ritardato, significa rinunciare a prelevare le cellule staminali, presente e futuro della medicina. Tale rinuncia avrebbe senso solo in caso di provati effetti benefici sul neonato che tutt’ora non sono stati dimostrati.

ESPORTAZIONE ED IMPORTAZIONE DI CELLULE STAMINALI. IL CASO SVIZZERA – ITALIA

Non esiste nessun ostacolo di carattere burocratico, legale o politico che possa impedire la reimportazione delle cellule staminali da sangue cordonale dalla Svizzera all’Italia, se richiesta per fini terapeutici.

Se dovesse essere necessario utilizzare il campione di staminali e si dovesse quindi richiederne il rilascio in Italia, basterebbe seguire quanto previsto da una specifica ordinanza che prevede “Misure urgenti in materia di cellule staminali da cordone ombelicale”.

L’autorizzazione all’importazione di cellule staminali da sangue cordonale in un ospedale italiano ai fini di trapianto per uso sia autologo (donatore e ricevente coincidono), che allogenico (tra un donatore sano e un ricevente compatibile) è rilasciata di volta in volta dal Ministero della Salute.

In particolare, il medico responsabile della struttura ematologica ospedaliera, presso la quale il paziente verrà trattato è tenuto a presentare una specifica istanza per ricevere l’autorizzazione dal Ministero Italiano.

L’esistenza di questa specifica ordinanza garantisce il diritto dei cittadini italiani ad esportare il sangue cordonale fuori dall’Italia e a richiedere la reimportazione delle cellule staminali in esso contenute per fini terapeutici.

QUANDO UN CAMPIONE PUÒ ESSERE RIFIUTATO DA UN OSPEDALE PER ESEGUIRE UN TRATTAMENTO

Se la reimportazione di un campione di cellule staminali da sangue cordonale da un paese estero (verso il quale è consentita l’esportazione delle cellule staminali) all’Italia non potrebbe essere impedita per ragioni di carattere burocratico, legale o politico, potrebbe invece esserlo per ragioni legate alla qualità del processo di crioconservazione a cui il campione è stato sottoposto.

Un campione crioconservato in una banca del cordone poco affidabile, che non presenta la giusta certificazione, non ha nessuna chance di essere preso in considerazione da un medico ematologo per un eventuale trapianto.

È la qualità del processo di raccolta, separazione e crioconservazione delle cellule staminali a fare la differenza in termini di possibilità di utilizzo del campione.

Un campione di cellule staminali da sangue cordonale, per essere considerato un campione “utilizzabile”, deve necessariamente:

  • essere stato raccolto, separato dalle altre componenti del sangue (globuli rossi e plasma);
  • congelato e mantenuto in azoto liquido (preferibilmente) seguendo rigidi protocolli riconosciuti a livello internazionale, che fanno riferimento a standard qualitativi elevati.

Tutto il processo deve essere tracciato, ed ogni fase certificata. Il medico trapiantologo infatti, chiederà il dossier completo alla banca del cordone, contenente tutte le indicazioni relative alla maniera in cui il campione è stato raccolto e crioconservato. Potrà rifiutarsi di re-infondere le staminali se:

  • dovesse ritenere che il processo eseguito dalla banca non sia qualitativamente idoneo;
  • nel dossier mancano dati relativi al processo: ad esempio non sono evidenziati il quantitativo e la vitalità cellulare;
  • non sono stati eseguiti dei test specifici sul campione.

Sarà inoltre, di fondamentale importanza che la biobanca abbia crioconservato anche delle aliquote di sangue materno e cordonale al momento del parto per poter effettuare importanti analisi sui campioni prima dell’eventuale rilascio.

COSA SUCCEDE QUANDO UN CAMPIONE NON PUÒ ESSERE CONSERVATO: L’IMPORTANZA DELLA NOTIFICA AI GENITORI

Per essere crioconservati, i campioni di cellule staminali cordonali dovrebbero sempre rispettare certi requisiti, relativi a:

  • quantità di cellule totali e staminali;
  • vitalità delle cellule stesse;
  • negatività del quadro sierologico e microbiologico.

Tali requisiti fanno riferimento a protocolli internazionali previsti in caso di trapianto di staminali, grazie ai quali sono fissate delle soglie di conformità e non conformità dei campioni verificabili attraverso analisi, separazione, conta cellulare e valutazione della vitalità del campione.

Crioconservare un campione contenente una quantità di cellule staminali che secondo i protocolli clinici attuali, non potrebbe essere impiegato per una re-infusione, non ha alcun senso.

È quindi fondamentale che le procedure interne della biobanca in cui i campioni sono crioconservati, prevedano l’invio di una comunicazione ufficiale ai genitori, qualora il campione non dovesse avere le caratteristiche ideali per essere eventualmente trapiantato in caso di necessità.

I genitori devono essere sempre informati circa l’andamento del processo ed i risultati dello stesso, in modo da poter consapevolmente scegliere se interromperlo ed eliminare il campione o continuare con la crioconservazione, qualora i risultati delle analisi evidenziassero alcuni limiti all’utilizzo in ambito clinico del campione raccolto.

VITALITÀ NEL TEMPO DELLE CELLULE STAMINALI CRIOCONSERVATE

La vitalità delle cellule staminali cordonali ibernate a -196° dipende principalmente dal modo in cui viene eseguito l’abbattimento della temperatura. Questo deve avvenire in maniera automatizzata e graduale, seguendo dei protocolli specifici atti proprio a proteggere le cellule dallo shock termico, dopo aver infuso nel campione cellulare un agente crio-protettore, ossia una sostanza usata per proteggere il tessuto biologico dai danni da congelamento.

Altro parametro fondamentale per garantire la vitalità cellulare è la stabilità della temperatura dei tank, contenitori specifici in cui sono conservati i campioni cordonali. La maniera migliore, per mantenere stabile la temperatura nei tank, consiste nell’immergere i campioni cordonali nell’azoto liquido e non nei vapori d’azoto.

Se la procedura sopra elencata è eseguita nella maniera migliore possibile, utilizzando le tecnologie esistenti più avanzate, le cellule staminali rimangono dormienti e ibernate, mantenendo pressoché intatta la loro vitalità.

Sono infatti le fasi iniziali del processo di abbattimento della temperatura e la stabilità della crioconservazione, a determinare se un campione di cellule staminali con una buona vitalità in origine, possa mantenere tale vitalità nel tempo, ed eventualmente oltre i 20/25 anni.

Attualmente non vi è prova che le cellule decongelate mantengano una buona vitalità dopo tale periodo, quindi per una questione di qualità e serietà è auspicabile attenersi a dati verificati ed attendere nuovi riscontri scientifici per ampliare lo spettro di conservazione.

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