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Come possono essere impiegate le cellule staminali

A distanza di 30 anni dal primo trapianto di cellule staminali ottenute dal sangue cordonale (effettuato su un bambino con anemia di Fanconi, utilizzando le cellule staminali del sangue cordonale prelevato dalla sorellina), l’adozione di questa pratica è oggi in continuo aumento.

A livello europeo, i trapianti sono arrivati a circa 10.000, di cui 700 effettuati in Italia.

Nel nostro precedente articolo abbiamo già fatto una distinzione tra alcune tipologie di cellule staminali. E’ possibile infatti oggi isolare cellule staminali provenienti da diversi tipi di tessuto: cellule staminali emopoietiche, che possono essere ricavate dal midollo osseo, dal sangue periferico o dal sangue del cordone ombelicale. Quest’ultimo è la fonte da cui si ricavano le cellule staminali emopoietiche più “giovani” dotate di alto potenziale differenziativo ed alta capacità proliferativa.

Prima di essere conservate, le cellule prelevate dal cordone, vengono esaminate al fine di accertarne la quantità, la vitalità e l’assenza di virus e batteri che potrebbero compromettere la crio-conservazione. In questa fase è di fondamentale importanza operare nel rispetto dei rigidi protocolli standard internazionali sviluppati per garantire il massimo livello qualitativo delle cellule raccolte. Il rispetto di tali procedure permette di utilizzare i campioni cordonali in sicurezza e con la massima efficacia nel trattamento di più di 80 patologie del sangue e di molte altre malattie comuni o rare.

Il cordone di per sé rappresenta un’ottima fonte di cellule staminali, non solo per le ematopoietiche che troviamo nel sangue contenuto nella vena cordonale, ma anche per le cellule staminali mesenchimali, una seconda popolazione di cellule staminali che si trova in abbondanza nel tessuto che circonda i vasi cordonali (la cosiddetta gelatina di Wharton).

Le cellule staminali mesenchimali possono essere prelevate direttamente dal cordone ombelicale a parto avvenuto e dopo la raccolta del sangue cordonale, senza alcuna conseguenza per lo stato di salute della mamma e del bambino.

Anche le mesenchimali hanno un grande potenziale rigenerativo che le rende le cellule di elezione per la ricostruzione di tessuti danneggiati a seguito di traumi o patologie degenerative.

Recentemente in diversi studi clinici è stato dimostrato che il co-trapianto di cellule staminali ematopoietiche con cellule staminali mesenchimali, provenienti da tessuto cordonale non solo risulta efficace e sicuro ma comporta anche una significativa riduzione della malattia da rigetto (GVHD – Graft Versus Host Disease) migliorando l’attecchimento delle cellule staminali fino a 6 volte, accelerando in questo modo la riuscita del trapianto. Per trapianto si intende la sostituzione di cellule o tessuti danneggiati, con altri che sono funzionanti. Le cellule staminali possono essere trapiantate sull’individuo dal quale sono state prelevate (trapianto autologo) o su un individuo diverso dal donatore (trapianto allogenico).

TRAPIANTO ALLOGENICO

Il trapianto allogenico avviene tra un donatore sano e un ricevente compatibile. L’esempio tipico riguarda il trapianto di midollo osseo in seguito a trattamenti di radioterapia o chemioterapia volti a contrastare cellule cancerogene o formazioni tumorali. In questi casi le terapie, per quanto funzionanti, oltre ad attaccare le cellule compromesse attaccano anche i globuli rossi e bianchi del sangue, portando ad un danneggiamento generale del midollo osseo.

L’infusione di staminali emopoietiche successiva ai trattamenti di radio o chemio terapia comporta numerosi vantaggi:

  • L’eradicazione della malattia;
  • L’eliminazione delle cellule malate, grazie alla capacità delle cellule staminali di riconoscerle ed attaccarle;
  • La generazione di nuovo midollo osseo sano

Un particolare tipo di trapianto allogenico è quello intra-familiare che solitamente avviene tra fratelli o sorelle. Il prelievo e la conservazione delle cellule staminali sono volti ad un futuro utilizzo nella cerchia familiare. E’ il caso in cui un familiare sia già affetto da una malattia per la quale è indicato il trapianto di staminali come ad esempio una forma di anemia grave o di leucemia. La crioconservazione delle cellule staminali emopoietiche cordonali può essere quindi anche un modo per assicurare non solo al bambino da cui sono prelevate le cellule, ma anche alla sua famiglia una terapia efficace e concreta. Anche in questo caso è comunque necessario verificare la compatibilità tra donatore e ricevente.

Un’altra possibilità è quella di rivolgersi alle banche di conservazione di cellule staminali cordonali o di attingere ai campioni forniti da donatori di midollo osseo. In entrambi i casi si entra in una lista d’attesa che però non garantisce la certezza di trovare un donatore compatibile in tempo utile.

TRAPIANTO AUTOLOGO

In caso di trapianto autologo, le cellule staminali vengono impiegate sull’individuo dal quale sono state prelevate. Questa pratica è sempre più diffusa per il trattamento di diverse patologie di natura neurologica, ematologica e per rigenerare tessuti. Numerosi sono gli studi che riguardano il trapianto di cellule staminali dal cordone ombelicale per contrastare ad esempio patologie come l’autismo infantile o la paralisi cerebrale, con casi di successo a livello globale.

L’autismo infantile è una sindrome che si manifesta nei primi tre anni di vita del bambino, attraverso difficoltà nella comunicazione, nella concentrazione e nelle relazioni sociali. E’ causata dal malfunzionamento di alcune zone dell’encefalo responsabili della memoria, del linguaggio e della concentrazione. L’infusione di cellule staminali aiuta la circolazione di ossigeno, riducendo l’infiammazione, generando nuovi vasi nei tessuti poveri di ossigeno, con un conseguente beneficio nelle zone encefaliche danneggiate. In questo modo le cellule staminali aiutano a rigenerare i neuroni compromessi, stabilizzando e migliorando i processi neuro-biologici.

Altro caso di grande impatto terapeutico per le staminali è rappresentato dal possibile trattamento della paralisi cerebrale infantile. Tale patologia rappresenta l’esito di una lesione del sistema nervoso centrale che abbia comportato una perdita più o meno estesa di tessuto cerebrale. Le manifestazioni della lesione sono caratterizzate prevalentemente, ma non esclusivamente, da un’alterazione delle funzioni motorie. Ha ripercussioni specialmente sul sistema muscolo scheletrico, che progrediscono e peggiorano durante tutta la vita e specialmente durante il periodo di crescita del bambino e che possono essere associate a problemi intellettivi. Anche per questa patologia sia gli studi preclinici su modelli animali, sia trial clinici sull’uomo hanno avuto e stanno avendo risultati molto incoraggianti; soprattutto, si sono rivelati efficaci e sicuri alcuni trial clinici che utilizzano cellule staminali da cordone ombelicale o da midollo (sia attraverso trapianto autologo che allogenico), con modalità di somministrazione che puo’ essere intravenosa o intratecale.

Nel corso degli anni sono stati eseguiti diversi studi clinici in questo ambito. Oggi parecchi sono stati completati fornendo risultati molto incoraggianti per la cura e risoluzione di questa malattia.

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